lunedì 11 gennaio 2010

Io sono come qualcuno




Il cicalio insopportabile, sul pavimento lercio, stordiva chiunque non ci fosse abituato, l’odore di sudore era entrato nei pori del legno e se ne sarebbe andato quando sarebbe bruciata , perchè sarebbe bruciata anche lei tra le fiamme dell’inferno. La notte non esisteva più, ma non c’era neppure il giorno. Suo padre aveva montato una lampadina nella baracca quando l’aveva costruita, c’era ancora l’elettricità che arrivava fino lì, ma quando si era bruciata l’aveva lasciata ad ornare il muro con la scia nera che la colorava.  Il caldo era insopportabile. Click, click. Dava un colpo all’interruttore ogni volta , come se non sapese che era bruciata e non aveva mai avuto voglia di cambiarla.  Di lui non si vedeva mai dal cavallo dei pantaloni in su. Lei non si ricordava  com’era il suo volto ma conosceva bene l’odore delle sue mani sudate che le coprivano gli occhi e la bocca mentre ansimava.

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